L’arte che trasforma 2


Fin da bambino ho sempre nutrito un forte interesse verso le arti marziali in generale.

Ricordo le ore passate davanti allo schermo ad analizzare le tecniche con cui Bruce Lee, nei suoi film, metteva K.O. i nemici (oggi lo apprezzo più come filosofo che attore!).

 

Per mia fortuna in età non troppo matura, ho potuto iniziare ad approcciarmi al combattimento praticando la Kick Boxing prima e la Muay Thai successivamente, maturando anche delle esperienze nel Tai Chi Chuan e nel Pugilato.

 

Per diversi anni ho avuto la fortuna di provare l’emozione del ring, disputando diversi match che mi portarono sia vittorie che sconfitte.

Durante questo periodo ho potuto accrescere e migliorare la mia tecnica, la forza, la resistenza, la strategia e tante altre cose, ma soprattutto ho potuto crescere interiormente come persona, fino a comprendere questo concetto: ossia che le arti marziali, in realtà, sono a mio modo di vedere definibili come la capacità della coscienza di un individuo di sapersi adattare ad ogni situazione nel migliore dei modi, sfruttandola a proprio vantaggio!

 

L’esperienza del ring o comunque della competizione in generale porta inevitabilmente a dover affrontare un vero e proprio lavoro introspettivo, per cui, il combattimento, non si riduce ad un semplice scontro con un avversario: richiede una presenza ed uno stato mentale particolari, in grado di metterci nelle condizioni migliori per poter affrontare tale avvenimento. Per questo motivo, il vero incontro avviene prima di salire sul ring, con se stessi, con le proprie paure, con le voci mentali che ti sussurrano 24h su 24 “non ce la fai”, “è più forte/veloce/grosso/resistente di te”, ecc…

 

Il vero fighter è colui che prima di salire sul ring ha già vinto le sue paure, è colui che riesce ad attraversare le corde o a metter piede sul quadrato con una mente rilassata, ferma, silenziosa e allo stesso tempo concentrata sul proprio obiettivo.

 

In questo “status” capite bene che non c’è spazio per dubbi, indecisioni, ripensamenti o altro, tutto avviene o meglio fluisce in maniera naturale e perfetta!

 

Solitamente quando si raggiunge una condizione di questo tipo, ci si proietta letteralmente oltre quello che può esser il risultato finale o più semplicemente non ci si pensa, dando per scontato che tutto andrà per il meglio e, in altre parole, si organizza la propria coscienza in modo tale da manifestare questo tipo di perfezione, che viene tradotta con il successo stesso.

A chi non piacerebbe vincere un match o divenire il campione assoluto nella propria categoria?

Pur essendolo stato, ti confesso che tutt’ora questa cosa non mi dispiacerebbe affatto, ma ho compreso che di fronte al processo di crescita interiore cui posso giungere, questa, sia ben poca cosa a confronto! Spesso la sola forza di volontà ci porta ad osservare solo ed esclusivamente un unico aspetto, una sola faccia della medaglia…non considerando e non essendo consapevoli che siamo solo ed esclusivamente “noi” ad osservare la medaglia e non, come spesso accade, identificandoci nella sola “testa” o “croce” (vedi articolo sul giudizio).

 

In altri termini la sola forza di volontà non basta, ci vuole, appunto, una determinata condizione mentale, serenità e soprattutto la passione che viene dal cuore, solo in questo modo possiamo uscire dal labirinto dettato dall’aspettativa; ogni aspettativa di cui non ne siamo consapevolmente responsabili, può solo generare dubbi, incertezze e conflitti interiori, diversamente una mente sgombra è in grado di manifestare qualsiasi cosa nel migliore dei modi…. (Avremo modo di approfondire meglio questo concetto nei prossimi articoli.)

Affermo ciò con cognizione di causa perché, se ci pensi bene, ogni volta che devi affrontare una situazione in cui ti senti messo alla prova (appunto un match), istintivamente subentra uno standard emotivo di un certo tipo, dove la forza di volontà o meglio il coraggio, vengono visti ed interpretati sempre contro una tal situazione/persona/cosa; questo produce una reazione in grado di esprimersi in due modalità: rabbia o blocco interiore (tipica reazione stimolo-risposta del SNS denominata “Fight or Flight”).

 

Per questi motivi la mia esperienza personale, mi ha portato a comprendere che non è MAI una questione di tecnica, ne di forza, velocità o resistenza, bensì è SEMPRE una questione con se stessi, qualcosa di interiore, qualcosa che semplicemente ti porta a saper andare oltre lo scontro, oltre il combattimento stesso e che, inevitabilmente,  porta a conoscersi.

La tecnica, l’allenamento, la costanza e la disciplina nei nostri sport sono fattori importantissimi, ma, di fatto, il vero lavoro consiste in un auto-educazione interiore, coadiuvata da tali fattori.

 

Attraverso la disciplina e l’allenamento giungiamo al cambiamento e alla crescita interiore in grado di renderci persone forti non solo dal punto di vista fisico, ma in particolare modo dal punto di vista mentale. Questo processo è noto ormai da millenni, viene tramandato da maestro ad allievo direttamente o indirettamente: quello che inizialmente costituisce un semplice esercizio meccanico, nel tempo e nella sua ripetitività diverrà un automatismo, uno stile di vita in ultima analisi e, solo a questo punto, potremo giungere alla comprensione (mediante l’esperienza) che corpo, mente e spirito siano un tutt’uno, uscendo così dalla dualità derivante dall’approccio al combattimento classico.

 

Giungere a questa consapevolezza attraverso l’approccio alle arti marziali, mediante l’esperienza del combattimento è un’avventura ricca di emozioni, un’avventura per pochissime persone, un’avventura in grado di condurci ad una evoluzione personale unica!

Come disse uno dei miei mentori:

Cerca te stesso, trova te stesso e sarai felice!”

 

E in fin dei conti è proprio così, perché a quale condizione se non quella di essere 100% felici può aspirare ognuno di noi?

 

 


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2 commenti su “L’arte che trasforma

  • Alan

    Condivido ogni parola. Per esperienza analoga alla tua posso dirti che é proprio così, soprattutto quando hai parlato di vittorie che saranno sempre infinitamente piú piccole del percorso spirituale in esso. Ho sempre immaginato l arte marziale come un allenamento alla vita in miniatura, in cui puoi riprodurre sottoporrà di gestualità o difficoltà “pratiche” i problemi della nostra vita e impari a conoscerli gestirli e poi superarli.

    • Diego L'autore dell'articolo

      E’ proprio così Alan!
      L’allenamento non è mai fine a se stesso, ma volto sempre all’evoluzione individuale…
      Del resto questo concetto può essere compreso solo mediante l’esperienza marziale o anche più semplicemente del vivere.
      Grazie Alan, mi ha fatto molto piacere ricevere un tuo commento, a presto!