Un dolce inganno pt.1


Credo di poter affermare con certezza che 50 anni fa si mangiava decisamente meglio di oggi!

 

E’ interessante notare come l’evoluzione umana su scala globale si stia gradualmente modificando, rendendoci spettatori di una vera e propria sorta di aberrazione fisica.

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Questo aspetto lo si nota molto d’estate, quando ti trovi in spiaggia al mare o in piscina e dando uno sguardo in giro, avrai sicuramente notato come sia letteralmente esploso l’aumento di peso, non solo su persone di media età, ma anche tra i più giovani: ragazzi e ragazze in forte sovrappeso, alcuni già prossimi all’obesità, con tutta una serie di problematiche correlate.

La cosa veramente triste è sapere che questa condizione riguarda da vicino anche i bambini…

 

C’è una diffusione su larga scala di una certa ignoranza in campo alimentare, influenzata anche da aspetti meramente pubblicitari ed economici, a volte atti a cancellare o reinterpretare in malo modo quelle regole ancestrali che la natura ci ha donato e che sono alla base della nostra evoluzione.

L’aspetto che sicuramente ha determinato una vera e propria mutazione di quello che è l’aspetto fisico dell’animale uomo, è legato all’alimentazione, ed ha come unico filo conduttore lo zucchero.

 

Per la precisione, nell’arco degli anni, è cambiata quella che è l’assunzione dei carboidrati.

Ma cosa sono questi carboidrati?

Premetto che non sono medico e quindi non parlo “medichese”, ma sono solito dirigere l’attenzione verso tutto ciò che riguarda la salute e la vita, invece che la malattia….

 

Vediamo dunque una breve descrizione tecnica semplificata e facilmente comprensibile.

I carboidrati (o glucidi) sono zuccheri e più precisamente delle molecole composte da molecole di carbonio, idrogeno e ossigeno (CHO) che troviamo in tutti gli alimenti e che rappresentano la principale fonte da cui il nostro organismo produce energia; essi sono divisi in tre categorie fondamentali: mono-saccaridi, di-saccaridi e poli-saccaridi.

I monosaccaridi sono zuccheri semplici, che contengono cioè un’unica molecola di zucchero, come per esempio il glucosio e fruttosio; sono molto veloci da assimilare nel nostro organismo, generalmente il loro tempo di assimilazione è stimato all’incirca in 5 minuti (es. acqua con glucosio o fruttosio nel giro di 5’ si trova già nel sangue).

La vera differenza dagli altri zuccheri sta proprio nel processo di scomposizione delle molecole che, nel caso dei monosaccaridi, è in assoluto il più veloce.

 

Il glucosio è dunque lo zucchero di riferimento, in quanto tutti gli altri zuccheri per essere assimilati devono essere convertiti in molecole di glucosio per essere metabolicamente attivi, ad esempio durante l’esame del sangue viene monitorata la glicemia, ossia la quantità di zucchero presente nel sangue sotto forma di glucosio in un determinato momento.

Generalmente il valore delle concentrazione di zuccheri nel sangue deve rimanere all’interno di parametri fissi che vanno da 70 a 110 milligrammi ogni decilitro di sangue.

 

Il fruttosio pur essendo un monosaccaride deve comunque subire un processo di lavorazione a livello epatico (dove cioè è il fegato ad occuparsene) per esser convertito in glucosio, quindi avviene un processo più lento rispetto al glucosio puro.

Il miele è un monosaccaride che necessita una lavorazione epatica per esser convertito in glucosio in quanto a seconda di dove l’ape si è posata per raccogliere il materiale principale di cui è costituito il miele stesso, ossia quello che poi ne determina la qualità (acacia, millefiori, arancio, ecc..), si ha una variazione del rapporto glucosio/fruttosio che costituiscono il miele stesso.

Perciò avremo mieli con quantità di glucosio alte o mieli con quantità di fruttosio più elevate. Quindi anche qui a seconda del tipo di miele abbiamo velocità di entrata nel sangue variabili, con conseguenti picchi glicemici diversi.

 

I disaccaridi (più lenti ad entrare nel sangue) sono formati dall’unione di due monosaccaridi: i principali sono il saccarosio (zucchero da cucina), il maltosio e il lattosio.

Il saccarosio è formato da due molecole: una di fruttosio (50%) unita ad una di glucosio (50%), il cui legame chimico viene chiamato alfa glicosidico. Questo legame, a livello intestinale, viene scisso da un enzima specifico che si chiama alfa glicosidasi, che divide le due molecole: una di fruttosio ed una di glucosio, rendendole così assimilabili.

Il fatto che debba intervenire un’enzima per scindere le due molecole porta un ulteriore rallentamento per l’assimilazione di questo zucchero (circa 10’), una volta però suddivise le molecole, la quantità di zucchero che entra nel sangue, relativamente al quantitativo assunto, è la stessa di un normale glucosio.

Anche nel maltosio (zucchero del malto formato da 2 molecole di glucosio) e nel lattosio (zucchero del latte dato da una molecola di glucosio e una di galattosio, dove quest’ultimo deve subire un processo di lavorazione epatico come il fruttosio) abbiamo due molecole che vengono scisse dall’enzima alfa glicosidasi.

 

I polisaccaridi infine sono zuccheri complessi derivati dall’unione di un numero elevato di monosaccaridi legati tra loro fino a formare lunghe catene lineari o ramificate; tra i principali citiamo l’amido e la cellulosa nel mondo vegetale e il glicogeno in quello animale.

Il polisaccaride più famoso è l’amido (utilizzato per fare le farine) che troviamo in due forme: amidosio e amidopectina, ossia polimeri (quantità di zuccheri) uniti da legami alfa glicosidici molto lunghi, generalmente di 5000 unità e anche più. Perciò possiamo affermare che l’amido è formato da lunghissime catene di glucosio unite da legami alfa glicosidici, che necessitano dunque di un tempo lungo di lavorazione, ma che una volta scissi i legami sono immediatamente disponibili come monosaccaridi.

Ad esempio, non c’è nessuna differenza tra 60 gr. di glucosio sciolto in acqua che entra nel sangue in circa 5 minuti di tempo e 100 gr. di pasta (che contiene circa 60-70 gr. di carboidrati sotto forma di polimeri) che però necessita di un tempo di circa 2 ore per poter entrare nel sangue: entrambe vengono ritrovati nel sangue (una volta rotti i legami la velocità di ingresso nel sangue è identica) in maniera uguale.  Questo è uno dei principali motivi per cui è molto importante considerare il carico glicemico giornaliero e non, come spesso si sente parlare, il solo indice glicemico di un unico alimento!

 

I carboidrati una volta che arrivano nel sangue danno vita a risposte ormonali e quella specifica per i carboidrati è quella dell’insulina: cioè quell’ormone prodotto dal pancreas che regola la glicemia, ossia la quantità di zucchero nel sangue.

Il contenuto di zuccheri nel sangue è regolato dunque dall’insulina ed è molto importante perché serve per far funzionare uno degli organi fondamentali come il cervello, il quale si nutre principalmente di glucosio (esso è un organo che consuma circa il 20% dell’introito giornaliero di carboidrati). Ad esempio quando si mangia troppo viene prodotto l’ormone dell’insulina per regolare la glicemia e abbassare i livelli di glucosio nel sangue, permettendo l’ingresso di zuccheri nei muscoli e nel fegato.

 

Quindi è importante che la glicemia stia all’interno dei valori precedentemente citati affinchè il cervello, che è il “direttore d’orchestra”, possa funzionare normalmente.

Se la glicemia dovesse per qualche motivo scendere sotto i normali valori (ad esempio durante i digiuni indotti o forzati, carestie, ecc..), il corpo inizierebbe a produrre il glucagone, un ormone in grado di stimolare la fame, attraverso un processo che viene innescato mediante un neuro trasmettitore detto “neuropetide-y” (NPY), che viene prodotto nel momento in cui la glicemia scende sotto i 60 mgr/dl e che fornisce al corpo, appunto, il senso di fame.

 

Come l’insulina, anche il glucagone è un ormone prodotto dal pancreas, che ha la funzione di liberare nel sangue il glucosio presente nel fegato (principalmente) e nei muscoli sotto forma di scorta e quindi ripristinare la corretta glicemia nel sangue.

Va precisato che il glucosio nel fegato e muscoli come riserva è presente sotto forma di polisaccaridi e viene chiamato glicogeno, e che, nel momento in cui ce ne fosse bisogno, il glucagone invierà un segnale elettrochimico al fegato per produrre glicogeno e successivamente trasformarlo in glucosio in modo da consentirne l’ingresso nel sangue.

Nel caso in cui sia i muscoli che il fegato siano già a regime con le riserve di glicogeno e il quantitativo di zuccheri presenti nell’organismo risulti in eccesso, l’insulina non è più in grado di distribuire questi zuccheri tra muscoli e fegato, ma li trasforma direttamente in trigliceridi (grassi); questa dunque la seconda funzione dell’insulina.

 

La costante assunzione nell’arco della giornata di zuccheri, in abbinamento ai grassi e quindi ad un surplus calorico, porta rapidamente alla situazione appena descritta e, nel tempo, si verifica un fenomeno particolare, conosciuto come insulino-resistenza, ossia una condizione in cui la cellula non è più in grado di mantenere la propria sensibilità all’azione dell’insulina e ne consegue che, il rilascio dell’ormone, anche in dosi non eccessive, produce un effetto biologico inferiore rispetto a quanto previsto.

(Ho preferito spiegare questo fenomeno in maniera molto semplice, in modo da renderlo comprensibile e fruibile anche ai non addetti ai lavori. In prossimo articolo cercherò di spiegare più approfonditamente come si innescano questi meccanismi ormonali…) 

 

In breve questo processo è l’anticamera che conduce ben presto al diabete e a tutte una serie di problematiche fisiche legate alla nota sindrome metabolica.

Nella seguente immagine è riassunto graficamente l’intero circolo vizioso appena descritto.

 

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A questo punto credo che inizi ad aver ben chiaro perché molte persone ingrassano e perché seppur cerchino di mangiare di meno, comunque, non riescano a dimagrire.  (continua…)

 

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